Violenza domestica e stalking

Violenza domestica: definizione, tipologie e legislazione

Purtroppo si sente sempre più spesso parlare di persone che non si sentono più al sicuro tra le mura domestiche. 

Le vittime di violenza sono donne, uomini e bambini che subiscono una qualsiasi forma di abuso fisico, abuso psicologico o sessuale in casa, e che nella maggior parte dei casi non denunciano per paura o vergogna.

Cerchiamo di capire insieme cosa si intende esattamente per violenza domestica dal punto di vista legale e come si esprime il codice penale a riguardo.

Cos’è la violenza domestica

L’articolo 3 della Convenzione di Istanbul, ratificata anche dal nostro Paese, ci fornisce una definizione accurata di violenza domestica che “designa tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima.

Parliamo di violenza domestica, dunque, davanti a una qualsiasi forma di abuso sessuale, psicologico o fisico esercitato tra persone appartenenti allo stesso nucleo familiare.

Il fenomeno può verificarsi all’interno di coppie sposate o conviventi e, in senso più ampio, all’interno di nuclei familiari legittimi o di fatto, eterosessuali od omosessuali.

Le forme di violenza

Secondo una categorizzazione dell’OMS – Organizzazione Mondiale della Sanità – esistono quattro forme di violenza tra partner o familiari.

  • La violenza fisica include tutti gli atti che hanno come obiettivo quello di fare del male o spaventare l’altra persona (percosse, strangolamento, immobilizzazione e il mancato soccorso). Fanno parte di questa categoria anche gli attacchi con sostanze chimiche altamente tossiche o erosive (acidi).
  • La violenza sessuale comprende ogni forma di intimità svolta senza il consenso espresso da parte del partner.
  • La violenza psicologica, detta anche violenza emotiva, comprende le umiliazioni, le minacce e gli insulti ai danni di un altro membro della famiglia.
  • I comportamenti controllanti, messi in atto principalmente come forma di violenza psicologica sulle donne, che prevedono la limitazione della libertà e dell’autonomia del familiare.

A queste tipologie di violenza domestica, si aggiungono anche:

  • la violenza economica, finalizzata a impedire alla vittima di disporre di risorse economiche proprie, attraverso il consumo delle stesse e il sabotaggio di nuove occasioni lavorative;
  • gli atti persecutori, o reato di stalking quando le minacce e le molestie sono reiterate e capaci di condurre a uno stato perenne di ansia e paura.

Tutte queste vessazioni vengono riunite dalla legislazione italiana in forme criminose distinte, tra queste ricordiamo il delitto di lesioni personali (art. 582 e ss. c.p.), il delitto di maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.) e il delitto di stalking (art. 612 bis c.p.).

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La violenza domestica nel Codice Civile

Con la legge n.69 del 2019 (legge comunemente conosciuta con il nome di “Codice Rosso”) sono state introdotte alcune modifiche del codice e della procedura penale in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere, con l’obiettivo di contrastare il fenomeno in tutte le sue forme e introdurre pene più severe per chi commette i fatti.

Una legge complessa che, in 21 articoli, individua i reati attraverso cui si dispiegano i maltrattamenti domestici e che inasprisce le sanzioni per tutti gli atti violenti e persecutori, compresi stalking e violenza sessuale.

Introdotto anche il concetto di “violenza domestica codice rosso”, volto ad accelerare lo svolgimento dei processi relativi ai delitti per maltrattamenti, persecuzione o abuso sessuale.

Quanto alle pene, oltre all’applicazione più rigida della misura cautelare di divieto di avvicinamento alla vittima e ai luoghi che frequenta, sono previste in aggiunta:

  • la reclusione da 6 mesi a 3 anni per chi non osserva le ordinanze restrittive;
  • la reclusione da 1 a 5 anni per chi costringe il partner a matrimonio o unione civile;
  • la reclusione da 1 a 6 anni e una sanzione pecuniaria da 5.000 a 15.000 € per chiunque diffonda immagini o video a contenuto sessualmente esplicito senza il consenso delle persone rappresentate.

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